
Il counseling e il coaching, come l'arte, ci aiutano a costruire realtà inventate, per realizzare risultati concreti.
Maurizio Tonini
counselor e life coach
benvenuto su www.enkidu.it
DOMANDE FREQUENTI SU
COUNSELING E COACHING
Le risposte che seguono, riflettono esclusivamente le mie opinioni al riguardo
Che cos’è il counseling?
Il counseling è un metodo di conduzione di colloqui tra 2 o più persone. Il termine indica un'attività professionale che serve a orientare, sostenere e sviluppare le potenzialità del cliente promuovendone atteggiamenti attivi, propositivi e stimolando le capacità di scelta. Si occupa di problemi non specifici (prendere decisioni, miglioramento delle relazioni interpersonali) e contestualmente circoscritti (famiglia, lavoro, scuola).
La BACP (British Association for Counselling and Psychotherapy) fornisce la seguente definizione dell'attività di counseling: «Il counselor può indicare le opzioni di cui il cliente dispone e aiutarlo e seguire quella che sceglierà. Il counselor può aiutare il cliente a esaminare dettagliatamente le situazioni o i comportamenti che si sono rivelati problematici e trovare un punto piccolo ma cruciale da cui sia possibile originare qualche cambiamento. Qualunque approccio usi il counselor [...] lo scopo fondamentale è l'autonomia del cliente: che possa fare le sue scelte, prendere le sue decisioni e porle in essere»
Chi sono i protagonisti di un colloquio di counseling?
Abbiamo un professionista (chiamato counselor) ovvero una persona professionalmente in grado di aiutare un interlocutore (chiamato cliente) in problematiche personali, private e talvolta emotivamente significative. Il professionista è portatore di strumenti adatti a fare chiarezza rispetto ai bisogni e agli obiettivi del cliente.
Più in dettaglio possiamo dire che l'attività del counselor è finalizzata a «consentire ad un individuo una visione realistica di sé e dell'ambiente sociale in cui si trova ad operare, in modo da poter meglio affrontare le scelte relative alla professione, al matrimonio, alla gestione dei rapporti interpersonali, con la riduzione al minimo della conflittualità dovuta a fattori soggettivi», ed è inoltre «un'attività di competenza relazionale che utilizza mezzi comunicazionali per agevolare l'autoconoscenza di se stessi attraverso la consapevolezza e lo sviluppo ottimale delle risorse personali per migliorare il proprio stile di vita in maniera più soddisfacente e creativo»
Chi può essere cliente di un counselor?
Chiunque necessiti di un consulto per fronteggiare un particolare momento della propria vita personale o professionale, solitamente marcato da cambiamenti e da limitazioni per il raggiungimento di determinati scopi personali. Il cliente di un counselor non è portatore di disagi o patologie di natura psicologica od altro. Per questo ultimo caso esistono gli psicologi e la psicoterapia (come verrà spiegato in un'altra risposta qui sotto). Chiunque di noi può quindi diventare cliente di un counselor relativamente a temi specifici e comuni dei passaggi di vita.
Perché dovrei rivolgermi ad un counselor?
Perché è un professionista addestrato a “rimandarti” i significati della tua mappa mentale (dove solitamente risiedono i problemi che incontri) in modo che tu stesso (e nessun altro) possa trovare le tue soluzioni.
Non potrei farlo da solo?
Tutti potenzialmente abbiamo bisogno di un counselor quando vogliamio fare chiarezza su un passaggio di vita o se dobbiamo prendere una decisione difficile. Il cervello umano è fatto in modo da necessitare di una fonte esterna di rispecchiamento per poter integrare le parti mancanti nella nostra comunicazione. Questo vale per chiunque! Se ti piacciono le citazioni, ti propongo quello che diceva Albert Einstein a proposito di cambiamento: "Il processo mentale che ha creato un problema, non può creare la soluzione".
Quanto dura il rapporto di counseling?
Solitamente è un percorso breve (5-10 sessioni) mirato a raggiungere un risultato specifico e prestabilito
Fare tutto questo mi farà sentire meglio?
La risposta è sì, e aggiungo: intraprendere una relazione di counseling non è come andare a farsi fare un bel massaggio, per cui mi aspetto di lasciare la sessione bello rilassato senza avere "fatto" niente. Qui parliamo di attivare il tuo senso di "respons-abilità" cioè della tua abilità di rispondere a ciò che ti accade nel mondo degli eventi. Ti darò compiti da fare a casa, ti chiederò di impegnarti a mettere in atto i nuovi comportamenti che tu stesso avrai stabilito, ti chiederò di riferirmi com'è andata. Chi deve fare il lavoro sei tu! Per cui, tornando alla domanda, la mia risposta se il percorso di counseling ti farà stare meglio, è: decisamente sì in quanto il vero ben-essere nasce dalla consapevolezza e dall'auto-conoscenza e CONTEMPORANEAMENTE dall'assumesi la responsabilità della propria vita. Se vuoi approfondire, contattami pure, sono a disposizione, senza impegno!
Quanto costa una sessione di counseling?
Costi e durata andranno concordati in anticipo tra counselor e cliente e possono variare a seconda della durata concordata della singola sessione. Una sessione tipica di un’ora ha un costo di circa 50 euro + Iva. Si tenga infatti conto che il counselor è soggetto al versamento dell’Iva (attualmente il 21%) a differenza di psicologi e psicoterapeuti che invece ne sono esenti.
Ho vissuto un trauma, posso rivolgermi ad un counselor?
Sì, ma solo dopo che il tuo caso è stato trattato da un professionista psicologo e psicoterapeuta. Il counselor può aiutarti a ristabilire le relazioni e la comunicazione nel tuo ambiente, dopo che saranno superati gli effetti traumatici. Lo stesso vale per ogni altra patologia che in quanto tale non rientra nelle competenze professionali del counselor.
Che cosa significa esattamente il termine counseling?
Deriva dal verbo inglese to counsel, che significa consigliare, suggerire, indicare, proporre. La parola counseling (o counselling secondo l’inglese britannico) significa da sola semplicemente “consulenza” ecco che quindi va sempre associata ad un aggettivo che la qualifichi: financial counseling (consulenza finanziaria), psychiatric counseling (consulenza psichiatrica), guidance counseling (consulenza di orientamento)
Che differenza c’è tra un counselor e un consulente?
Il consulente (consultant in inglese, infatti in italiano abbiamo una parola e in inglese ne hanno 2 per indicare la consulenza) è un esperto del tema che affronta ed è quindi portatore di risposte rispetto alle problematicità del suo cliente (p.es. il consulente aziendale, il consulente fiscale, il consulente alimentare, etc.). In realtà il consulente ha le SUE risposte alle VOSTRE domande.
Il counselor, invece, non ha competenze specifiche nel merito dei temi trattati, non fornisce quindi soluzioni ai problemi portati, ma aiuta il suo cliente a trovare le sue proprie risposte. Più che per fornire le risposte quindi è pagato per porre domande. La domanda è dotata di un potere speciale: attiva l'attività neurale e crea nuove neuro-connessioni (sinapsi). Inoltre il nostro cervello non può non rispondere alle domande! Lo sapevi?
Quindi il termine italiano consulenza è ambiguo, mentre la lingua inglese ha un termine per la consulenza dell'esperto chiamata "consulting" e uno per la consulenza di processo chiamata "counseling".
Come fa un conselor a fare il suo mestiere? Che strumenti usa?
Questo "mestiere" è basato più di ogni altra cosa sulla relazione tra le parti. Naturalmente la tecnica è importante, anche se viene sicuramente dopo la "qualità della relazione".
Comunque per rispondere alla tua domanda ti dirò che il counselor utilizza soprattutto 2 strumenti: ascolto attivo e riformulazione. In altre parole estrae senza alterarli (quindi senza interpretarli) dal racconto verbale del suo cliente durante il colloquio i significati dal cliente stesso attribuiti alla propria comunicazione (e deve essere preciso: ecco perché l’ascolto deve essere "attivo") e glieli rimanda collegandoli, assieme al cliente, alle conseguenze che questi significati producono nelle sue relazioni. Infatti tutti i significati non esistono nella realtà ma solo all’interno della “mappa di navigazione” di ciascuno. Modificando la mappa personale, spesso cambia anche la realtà.
Tutto qui?
Certamente no! Anche se non è certo poco: provate un pò a guidare la vostra auto in una città sconosciuta senza cartine o navigatore e ditemi se raggiungerete agevolmente la vostra meta!
Oltre che ascolto attivo e riformulazione, comunque, Il counselor è portatore di moltissimi strumenti, ma questi 2 per me sono alla base. Lo scopo del counseling è quello di fornire al cliente una nuova mappa della sua realtà, che sia più funzionale ed ecologica rispetto i suoi obiettivi.
Funzionale, ecologico? Che cosa s'intende?
Ottima osservazione. Ragionare in termini di funzionale ed ecologico ci aiuta ad uscire dalla polarità negativo/positivo: non esistono obiettivi giusti o obiettivi sbagliati, ma solo obiettivi funzionali o non funzionali e obiettivi ecologici o non ecologici.
Con obiettivo funzionale intendo che esso è al servizio degli scopi e dei bisogni del cliente, e quindi "funziona" nel perseguirli. Talvolta un bisogno può essere in conflitto con un altro della stessa persona (che pertanto mette in campo senza saperlo vere e proprie strategie di auto-sabotaggio) e quindi occorre procedere ad un allineamento e a una negoziazione interna. Se qualcosa non funziona (non è funzionale) bisogna fare a qualcos'altro.
Con obiettivo ecologico intendo che le conseguenze derivanti dal suo raggiungimento non devono procurare danno al soggetto stesso, nè alle persone per lui significative, né in generale all'ambiente sociale e fisico in cui ci troviamo. Ogni obiettivo è legittimo purché non crei una vittima o un danno. Questo punto va esplorato attentamente in sessione.
Allora alla fine del percorso è il cliente che deve cambiare e non la realtà?
Cambiare la realtà del cliente non rientra nelle competenze del counselor. In generale, cambiare la "realtà" è un'attività alquanto ardua che non sempre dipende dalla volontà dei soggetti, anzi ad essere sincero ritengo che l'unico cambiamento riguardi la "rappresentazione" della realtà sia al livello individuale che collettivo, ma questo è un altro argomento.
Tornando al punto, il successo di una relazione di counseling sta nella disponibilità al cambiamento da parte del cliente (vedi la risposata ad una domanda qui sopra dove di parla di responsabilità personale per i propri cambiamenti). In particolare si tratta di riportare il luogo del controllo dei propri pensieri ed azioni, dall'esterno all'interno di se stessi. Se ti piacciono le affermazioni "forti" ti dico che: "la qualità della tua vita non sta in ciò che ti succede, ma in quello che fai con quello che ti succede" (Aldous Huxley).
E se l’obiettivo del cliente non è chiaro?
Se non c’è un preciso obiettivo, e questo avviene nella maggior parte dei casi, allora si parte dall'esplorazione dei bisogni del cliente in quel momento. Il bisogno è alla base dell’obiettivo.
Parlando per metafora, il bisogno rappresenta le radici dell'albero, il tronco i tuoi obiettivi, che saranno tanto più solidi quanto più saranno radicati nei tuoi veri bisogni, e attraverso la tua azione (cioè la cura che darai alla pianta, l'acqua che servirà per farla crescere e nutrirla), l'albero darà i suoi frutti (cioè i tuoi risultati).
Le fasi del processo sono 3: chiarezza, focus e piano d’azione. La prima fase, quella della chiarezza serve appunto a mettere in evidenza i bisogni del cliente nelle varie aree della sua vita.
Che succede dopo?
Stabiliti i bisogni reali, il processo può essere anche concluso. Può darsi infatti che con la consapevolezza ritrovata il cliente possa riprendere il timone della propria vita (almeno nel settore esplorato). Oppure il cliente potrebbe volere andare oltre e cioè assumersi la responsabilità dei suoi prossimi passi. Allora occorre entrare nelle fasi di focus e di piano di azione. Qui nella mia impostazione si entra nell’ambito del coaching.
Che differenza c’è tra counseling e coaching?
Il coaching parte dalla domanda: “qual è il tuo obiettivo?” e quindi occorre che questo sia, almeno in parte, già presente (che cosa voglio?). Il counseling come già detto esplora anzitutto i bisogni e le emozioni legate ai vissuti nel mondo del cliente (che cosa mi manca?). Dal mio punto di vista counseling e coaching sono 2 metodiche complementari, sta al professionista avvalersi dell’una o dell’altra a seconda del cliente e della fase di vita che sta attraversando. In generale si può dire che il coaching è più proattivo (mirato all'azione mentre il counseling è più reattivo (mirato ad esplorare e consapevolizzare i vissuti emotivi).
Che differenza c’è tra un counselor (o un coach) e altri professionisti?
Entrambi sono “consulenti personali” ovvero dei personal trainer dei risultati e sono lontani da qualsiasi forma di terapia. Dal loro campo d’intervento sono escluse patologie psicologiche o problematiche riguardanti la sfera psicologica e, ovviamente, la cura di malesseri e la patologia in genere. Anche diagnosi e prognosi restano atti tipici ed esclusivi della professione medica.
Il counselor ed il coach assumono l’impegno di aiutare il cliente ad accedere al suo potenziale per conseguire gli obiettivi desiderati, usando metodologie “orientate al risultato” piuttosto che “centrate sul problema”. Tendono ad essere fortemente focalizzati sulla soluzione per incentivare lo sviluppo di nuove strategie di pensiero e di azione, piuttosto che cercare di risolvere problemi e conflitti del passato.








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